giovedì 3 luglio 2014

Spazio di confine: Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla ...

Spazio di confine: Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla ...: " Sento un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico. Alzo lo sguardo e appoggiato sul tavolino, ai piedi del letto, scorgo un ...

Un viaggio non ha confini - Marrakech : la Perla del Marocco

" Sento un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico. Alzo lo sguardo e appoggiato sul tavolino, ai piedi del letto, scorgo un tondo vassoio di rame con due pani ,della stessa forma, calore e colore del sole d'agosto. Come è dolce svegliarsi in Marocco".
Di questo viaggio non ricordo la data ma posso dirvi che non è ancora terminato.
Amo questo Paese ed amo abbandonarmi ai suoi luoghi.
Il Marocco, che non consente riposo ai cinque sensi: forme, colori, profumi, suoni e sapori non danno respiro. Li conservo sempre con piacevole nostalgia.
Qui il fascino dell'esotismo che ha stregato Delacroix e Matisse, lo ritrovo negli occhi scuri delle donne berbere e nelle case di Marrakech: la " perla rosa".
Proprio di questa città vorrei raccontarvi, della sua parte più esposta e segreta: il suk e Piazza Djema el-Fna. Suppongo sia il mio primo incontro con la città e rimango colpita dalle mura che corrono per dodici chilometri intorno alla medina,la città vecchia e dai Monti dell'Atlante che la incorniciano.
Ma sono certa che avverrà oltre queste mura il vero incontro con la città. Varcata la porta moresca mi inoltro nel souk; è più piccolo e più intimo di quelli di Fès e Mèknes, ma proprio per questo più accattivante.
Vedo turisti  agitarsi nella  ricerca di esotici acquisti,  mentre i malachiti (gli abitanti di Marrakech) lo attraversano con l'indifferenza data dalla necessità.
Qui si trova un po' di tutto, dagli abiti alle scarpe, dalle verdure agli ori.
Un anziano signore mi racconta che in origine era diviso in varie sezioni, con veri confini che portavano il nome legati alle attività che vi si svolgevano. Ricorda che c'era il suk  el Kebir  per le maroquinerie, il souK Laghzal era quello dei lanieri, mentre per la terracotta c'era il souk el Fakharine. Ora tutto è sfumato, con il risultato di un pout- pourri di stradine, piazzette,e passaggi coperti, dove gli antiquari si mescolano agli speziali, e gli argentieri ai venditori di chincaglierie.
Ma vi assicuro che se affrontate il tutto con la curiosità, una piccola dose di pazienza e ben predisposti al sorriso, verrete sicuramente invitati a bere una tazza di te, offerta dai venditori.
Ed ogni venditore ha una merce speciale ed un te particolare. Se sopravvivete alla decima tazza di te, e al rito del contrattare il prezzo di qualunque oggetto posto in vendita....certo per alcuni sarà un'esperienza estenuante ma, per i più esaltante!
Dimenticavo che il suk è un luogo dove anche perdersi è divertente  e per nulla pericoloso.
Ma dov'è il palcoscenico più folle ed ammaliante di questa città?  Se imbocco questo angusto quanto  breve passaggio dovrei trovarmi.....
Ah eccola!!Piazza  Djemna el - Fna. Passeggio, adeguando la mia andatura a quella della folla e spostandomi ai bordi dove decine di venditori offrono la loro "mercanzia" per terra, appoggiata sopra teli di plastica. Giocattoli, orologi, erbe, menta...tanta tanta menta. Vestiti dalle molteplici fogge di prima, seconda terza , tante mani che non si possono contare. Al centro della piazza troneggiano decine di pentole fumanti, poste su fornelli  alquanto posticci, i cui  proprietari si avvicendano attorno alle file dei banchetti irregolari, affinché tutto sia pronto per l'ora di cena. Altri banchetti , per pochi dirham (moneta locale), offrono l'opportunità di gustare una fresca spremuta d'arancia: l'energia sufficiente per continuare in questo percorso fuori dal tempo.
Girovagando per la Piazza noto seduti o sdraiati per terra vecchi, donne con in braccio e lungo i fianchi un bambino, che allungano la mano per chiedere qualche moneta. Quasi tutti indossano lo stesso cafetano pesante e e usurato dal tempo.  La maggior parte delle donne ha il volto velato, dal quale traspare un profilo implorante. Una piccola folla è raccolta in estatico ascolto di un vecchio. Mi fermo. Mi siedo per terra. Colgo le sue espressioni, ma avverto il disagio di non comprenderne alcuna parola. Il vecchio, strisciando per terra mi si avvicina, con lo sguardo fisso sul mio volto, mi rivolge una domanda. Si ,colgo che è una domanda, ma non posso rispondere...non conosco ne l'arabo ne il berbero. Il vecchio alza il tono di voce quasi volesse gridare. Lo guardo, lo ascolto . Non voglio perdere nulla della forza di quel grido, seguo il suo sguardo e lui il mio, così fino alla fine del racconto. Solo alla fine, quando sto per alzarmi, si avvicina ancor più, si alza e accennando un rispettoso inchino, mi saluta con un  "Maa Salaam" (Vai in Pace) e la voce tonante è pura melodia.
 Si. andrò in pace, ma più tardi.
Percorro poco più di cento metri quando incontro i ciechi. Sono tanti i ciechi che si incontrano in Marocco, ma qui nella città rosa questi mendicanti si riuniscono seduti su di una panchina, a gruppi di sei o sette, pigiati l'uno contro l'altro recitano una struggente litania: il nome di Dio ripetuta all'infinito. Ciascuno tiene davanti a se una ciotola e quando un passante vi pone una moneta, questa passa di mano in mano, finché uno a turno se la mette nella propria tasca.
Arriva così l'ora del crepuscolo, la piazza esplode nei suoi mille colori, smorzati dal fumo che aleggia sui banchetti che  presto diventa una nube sempre più grande. Volgo le spalle alla piazza e d'incanto la Koutoubia (la moschea) è già illuminata a giorno e riesce ad ottenere tutta l'ammirazione che merita.
Ritorno con lo sguardo a prima, e m' accorgo che il palcoscenico è mutato. La sera ha ormai preso la scena. La folla e la confusione con essa, aumenta.
 Compaiono coloratissimi venditori d'acqua, incantatori di serpenti,. Giocolieri, equilibristi, piccole scimmie  addomesticate che salgono e scendono dalla spalla di chi loro la offre. Questo nuovo palcoscenico mi turba. Si è ora che rientri.
Da tanto avevo desiderato vivere questo fantastico, magico mondo. E così è stato.
Sulla via del ritorno mi sembra tutto irreale.
Ma a casa il sonno non tarda ad arrivare, accompagnato dal ricordo di un profumo: un profumo nuovo dal sapore d'antico.
Domani mi sveglierò ancora qui nella città rosa. Marrakech good night!

mercoledì 19 febbraio 2014

Ucraina - proteste sanguinose - Kiev è quasi guerra civile

Dallo scorso novembre Piazza Maidan di Kiev si presentava quale palcoscenico per accese manifestazioni di dissenso.
Da tale data infatti il governo ucraino aveva deciso di ritirarsi dalle trattative per la creazione di una zona di libero scambio con l'Europa. Gli ucraini europeisti hanno percepito la volontà  del presidente Vikctor Yanukovich , di portare il loro paese nelle braccia di Vladimir Putin, che vede nell'Ucraina un importante tassello della sua "Grande Russia".
All'inizio di quest'anno le manifestazioni avevano provocato una netta presa di posizione del governo, attraverso la promulgazione di leggi antiopposizione molto restrittive, le quali però hanno avviato una escalation del dissenso ancor più crude. La forza di tale opposizione è stata tale da ottenere la revoca di tali leggi, le dimissioni dell'esecutivo ucraino, eccezion fatta per il presidente. Il tutto presagiva una soluzione pacifica del conflitto.
Ma, l''accordo con la Russia in merito ad una linea di 2 miliardi di dollari aveva dato credito che con i prossimi voti parlamentari della settimana entrante, avrebbe preso vita  un governo filo-russo, lasciando poco margine a quello filo-europeista.
 A supporto di tale tesi la mancanza di aiuti finanziari promessi al governo  in carica, da parte dell'Europa e Stati Uniti che hanno invece supportato il movimento di opposizione.
Le manifestazioni di piazza sono a questo punto riprese.
Lo scorso martedì a seguito di  un ultimatum  lanciato dalle forze dell'ordine ai manifestanti di abbandonare Piazza Maidan, hanno spinto gli stessi verso i palazzi del potere.
Ieri il clima era veramente infuocato, tanto che i feroci scontri fra la polizia e i manifestanti hanno lasciato diverse decine di morti ed oltre duecento feriti., fra i quali anche l leader della protesta Oleksander Turchynov.
Quella di ieri è da considerarsi la più sanguinosa delle giornate di proteste da quando filo- europei e filo- russi hanno ripreso gli scontri. La situazione è degenerata da parte degli oppositori al governo, a seguito dell'utilizzo della polizia di proiettili veri.
Sono state segnalate esplosioni, copi di arma da fuoco e lancio di bombe molotov da parte  di alcuni manifestanti anti-governativi.
Il risultato è quello di una Piazza invasa e devastata dal fuoco e dalle fiamme.
Secondo alcune indiscrezioni l'unione Europea non esiterà a prendere misure contro i repressori della protesta, anche se la posizione della Germania è alquanto incerta, causa gli stretti rapporti commerciali con la Russia.
Non possiamo pensare ad una guerra in Ucraina, e che le tensioni createsi fra l'Occidente e la Russia , ripropongano lo spettro della Guerra Fredda.
La Russia non esisteva quando l'Ucraina e la sua capitale Kiev risplendevano.
Questo dovrebbe indurci a sostenere il popolo di Maidan, ora più che mai il cuore pulsante della nazione.
L'augurio è che riescano a dominare chi già si sente padrone di questa terra: Putin e il suo valletto Yanukovich.

giovedì 16 gennaio 2014

EGITTO: Nuova Costituzione: IL SILENZIO DEI GIOVANI

Nuova Costituzione: il silenzio dei giovani premia al-Sisi

Fonte :  ISPI 
Commentary di Francesca Paci
Giovedì 16 gennaio 2014

Tornato alle urne per la sesta volta in tre anni, l’Egitto avrà tra pochi giorni una nuova Costituzione che sostituisce quella a forte impronta islamista approvata poco più di un anno fa dal deposto nonché legittimamente eletto presidente Mohammed Morsi. Ma più che sui 247 articoli messi a punto a dicembre da una Commissione di 50 membri, il referendum chiedeva l’approvazione del paese sull’operato del ministro della Difesa al-Sisi, architetto del golpe popolare dell’estate scorsa e della successiva messa al bando dei Fratelli musulmani. Difficile immaginare infatti che laddove l’analfabetismo è intorno al 38% la lettura ragionata della Costituzione – con luci e ombre, parità dei sessi, diritti civili, bando dei partiti religiosi, ma anche la possibilità di processi militari ai civili – diventi improvvisamente l’attività principale del tempo libero.
I generali hanno chiesto dunque carta bianca per guidare l’ennesima transizione dopo essere finiti nelle mire dei rivoluzionari nelle settimane successive alla caduta di Mubarak proprio per essersi intitolato il passaggio di poteri. Una duplice vendetta in qualche modo, verso i da sempre nemici Fratelli musulmani e, ma anche verso, l’indomita piazza Tahrir, troppo lesta nel 2011 a smettere di tirare fiori ai carri armati e passare ai sassi.
La risposta dell’Egitto, da settimane preda di una sorta di Sisi-mania che moltiplica le immagini del generale dai cioccolatini alle lattine di olio per cucinare, era prevedibile. Sebbene i risultati non siano ancora ufficiali, pare evidente che il sì abbia vinto massicciamente. Ma è inaspettatamente altrettanto evidente che la partecipazione non sia stata oceanica: in proporzione nulla di comparabile con i milioni di persone (si dice fino a 30 milioni) che il 30 giugno scorso invasero il paese chiedendo di fatto ai militari un intervento contro gli islamisti al potere.
Solo pochi giorni fa il generalissimo al-Sisi spiegava che si sarebbe candidato solo in presenza di una fortissima investitura popolare, lasciando andare nel frattempo avanti avversari assai più deboli come il collega Sami Anan, Amr Moussa, l’ex premier di Mubarak Shafiq, l’ex Fratello musulmano Aboul Fotouh. Secondo gli analisti, l’uomo al momento più potente dell’Egitto aspetterebbe i risultati del referendum per accreditarsi la legittimità di quello che i pro Morsi chiamano “golpe sanguinario” (oltre mille dimostranti sono stati uccisi negli ultimi 5 mesi) e i governativi “seconda rivoluzione”. Sebbene i media ufficiali parlino di enorme affluenza referendaria con il 95% dei sì, fonti meno militanti ipotizzano che il dato potrebbe essere intorno al 42%, superiore rispetto al 33% con cui passò nel 2012 la Costituzione voluta dai Fratelli musulmani (i sì furono il 66%), ma non travolgente. Cosa è accaduto?
Mentre gli osservatori internazionali, tra cui il Carter Center, denunciano irregolarità e forti pressioni per votare a favore (ma anche intimidazioni per impedire l’accesso alle urne) e un rapporto di One World Foundation suggerisce che una gran parte degli egiziani si sia espressa per consegnarsi all’esercito senza aver neppure letto la Costituzione (non diversamente dunque da come avevano fatto poveri e analfabeti con i Fratelli nel 2012), le persone in coda ai seggi (in maggioranza almeno over 40) dicono che hanno votato i copti, la classe media, gli imprenditori economicamente esangui a causa dell’instabilità, molte donne, ma che invece i giovani, anima del 25 gennaio 2011, sono rimasti a casa.
Al di là dei pro Morsi che invitavano al boicottaggio per protestare contro il regime sotto cui sono già stati imprigionati 11 mila membri della Fratellanza (compresa l’intera leadership), i rivoluzionari liberal e moderati, compatti a giugno contro la “despotica democrazia” dei Fratelli musulmani, sono oggi spaccati. Tanti, consapevoli di rischiare il passaggio dalla padella alla brace, ammettono di non aver scelta e di preferire un “fascismo militare” , a questo punto possibile, “fascismo militare” allo sperimentato “fascismo islamico”. Tanti altri invece, dopo mille mal di pancia, hanno deciso di non votare o di votare no, non tanto contro la Costituzione (da quasi tutti giudicata buona) ma contro la svolta autoritaria dell’esercito che, per esempio, ha fatto approvare al governo a interim una durissima legge contro le manifestazioni non organizzate in base alla quale nelle settimane scorse sono stati incarcerati numerosi attivisti non legati ai Fratelli musulmani ma avversi al golpe (tra loro alcuni membri del Movimento 6 aprile).
A tre anni dalla fine del regime di Mubarak, l’Egitto sembra ancora stritolato nel vecchio muro contro muro, esercito (che controlla circa un terzo dell'economica) contro islamisti (che controllano, o controllavano, la parte delle campagne povere e analfabete e che ha il suo zoccolo duro nella piccola e media borghesia). Con l’aggiunta gravissima di un perdurare dell’incertezza che ha prodotto il tracollo del turismo, l’impennata della disoccupazione, un’economia esangue tenuta in vita solo dai soldi del Golfo (specialmente Arabia Saudita e Kuwait in chiave anti Qatar) e il parziale isolamento da parte di una comunità internazionale ostile al golpe (gli Stati Uniti starebbero però scongelando i 1,5 miliardi di dollari sospesi a ottobre per protesta). Per questo l’egiziano medio ha partecipato al referendum, sperando che arrivi “un uomo forte” a salvare il paese dal caos.
Ma non è affatto detto che la storia finisca qui. E non solo perché entro sei mesi ci saranno le elezioni presidenziali e poi quelle parlamentari, al termine delle quali l’esercito, giura, ormai sempre meno persuasivamente, che la road map e il proprio ruolo sarà finito. I giovani (e anche qualche meno giovane) che hanno voluto la cacciata di Morsi, il secondo Faraone in un paese che non vuole tollerarne più, si sono fatti da parte disertando il referendum, né con gli islamisti né con i loro autoritari nemici, una terza posizione che è ancora immatura ma che potrebbe avere in sé i semi di un passo avanti.
Francesca Paci, giornalista de La Stampa.

mercoledì 2 ottobre 2013

Nella” Terra dei Fuochi”: fra i roghi che uccidono

La “Terra dei fuochi” è situata tra Napoli e Caserta. Sono notoriamente i luoghi prescelti dalla malavita organizzata per lo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici, frutto di un lucroso business che continua a causare oltre che un vero e proprio disastro ecologico, un aumento di forme tumorali maligne soprattutto fra donne e bambini. Da segnalare anche la nascita di bambini con malformazioni superiori dell’80 % alla norma.
Personaggi di spicco del mondo della politica, quali il nostro Presidente della Repubblica, si sono interessati al caso. Molti riflettori di media ed articoli della stampa nazionale si sono interessati al caso. Quello che a mio modesto parere, non si è ancora arrivati è ad una presa di coscienza, da parte della società civile , di quanto sta avvenendo in quelle cittadine e  sulla pelle dei loro abitanti. Certo sono i luoghi della camorra, dai quali ci teniamo discretamente lontani anche col pensiero. Questo genera in noi i distacco, indifferenza ma soprattutto, la percezione e un  senso di isolamento, per non dire abbandono da parte delle tante persone che in quei luoghi sono nati, abitano e sperano di continuare a vivere!
Qualiano, Villaricca, Orta di Atella, Caviano, Acerra, Nola, Giugliano di Campania ,Marcianise, Succivo, Frattaminore, Frattamaggiore, Mondragone, Castelvolturno e Melito di Napoli. Questi sono i nomi dei Paesi  nei quali sono stati riversati numerosi cumuli di rifiuti illegali e tossici che inquinano terreni e falde acquifere. Quando si incendiano i rifiuti , dando vita ai famigerati roghi,  diffondono nell’aria fumi densi di sostanze tossiche , tra cui la diossina. La provenienza di tali materiali , su dichiarazione del pentito di camorra Carmine  Schiavone, è riconducibile alla Germania, alla Svizzera ma , anche a diverse regioni del Nord fra le quali, Veneto e Lombardia. Questi rifiuti valgono oro , la mafia napoletana l’ha capito, tanto da avviarne un mercato redditizio. Ma chi ha trattato ed ha avallato queste trattative?  Chi dei politici locali e non ,sapeva ed ha taciuto? Il 26 settembre scorso , a Caviano,  sono stati dissotterrati 60 fusti metallici di vernice da scarto. Sopra coltivavano finocchi, broccoli, cavoli (notoriamente citati come antitumorali!) Questi fusti tra l’altro erano posizionati molto vicini alle falde acquifere. Su uno bidoni ritrovati era riportata la scritta “In Milano” (il tutto ben documentato da i quotidiano Il Mattino i Napoli), un possibile indizio riguardo la provenienza del materiale scaricato.
 Ma non perdiamo tempo, nel porgerci queste domande, direbbe Don Maurizio Petricello, parroco di Caviano, in prima linea contro l’avvelenamento di questi territori. Lui, spesso accusato di essere allarmista, lo prende come un complimento sostenendo “Lo dicevano anche di quei pochi parroci coraggiosi che inascoltati denunciavano lo sterminio degli ebrei”  E molti cittadini che lo affiancano, condividono asserendo :“ i napoletani ed i casertani sono come gli ebrei, e gli inceneritori renderanno il nostro ambiente un’unica camera a gas come avveniva nei campi di concentramento.” Continua Padre Maurizio, troppi sono i tumori,  noi non siamo scienziati, non sappiamo dare delle risposte , ma  noi viviamo su questo territorio! Noi vediamo e sentiamo !  Vive tutti i giorni i drammi  familiari. Ed è costantemente vicino alle le mamme che troppo spesso si vedono piangere sulle bare dei loro piccoli. Arianna , 8 anni , morta per leucemia, come altri sette bambini , dopo atroci sofferenze. Le loro mamme , sostengono appelli, aprono le oro case, non certo per esibizionismo, bensì per chiedere aiuto, chiedere giustizia per chi ha permesso che i loro figli venissero ammazzati . Vogliono sapere i nomi e i cognomi di chi ha permesso tutto questo.
VENERDI' 4 ottobre alle ore 17:00
MARCIA DELLA PACE
partenza orta di Atella – Santuario della Madonna
di Comiglione in Caviano
La Marcia sarà guidata, tra gli altri , da Don Maurizio Patricello.  Questo ammirevole parroco ha anche perdonato l’ex prefetto di Napoli, De Martino, quando lo umiliò pubblicamente per essersi rivolto durante una riunione al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola “Signora “ e non “Signora Prefetto”, come da protocollo. E Lui si scusò dichiarando di non essere avvezzo ai protocolli. Ma la mortificazione era avvenuta.
 Ma Voi, Signori Prefetti, che dovreste gestire i contenuti protocollari, non provate vergogna  per tutto quanto sta accadendo nel vostro territorio? Politici, conniventi, che minimizzano ed offendono, sostenendo che la  percentuale di patologie tumorali in quel territorio, sarebbe da attribuire ad uno stile di vita scorretto, come dichiarato dal Ministro della Salute Lorenzin.
A questo punto occorre l’onestà e il coraggio di ammettere la verità. Rimboccarsi le maniche per salvare il salvabile, non intervenendo con semplici ed inefficaci bonifiche.
Il mio  pensiero  e di non poche amiche va a d Don Patricello, alle amiche Chiara Barbato, Rosanna, Antonella,vi seguiremo sostenendo da lontano il vostro cammino.
Cambiando le coscienze individuali, forse riusciremo a ricreare una catena di speranza in chi l’ha smarrita.
E ad incatenare chi ha infamato e macchiato di sangue  le “ vostre e, permettete, ora  anche nostre terre” .

martedì 17 settembre 2013

Iran-Iraq : Il grave silenzio sui 52 dissidenti massacrati e i 7 ostaggi

La mia vicinanza al Popolo Iraniano, oppositore al regime dei mullah, costretto a vivere al fuori del proprio Paese è nata con l’adesione al movimento ADDI (Associazione Democratica Donne Iraniane), coordinato magistralmente da Sonia Irani. Nel tempo si sono creati altri legami sia nel nostro Paese che in Francia, dove da anni risiede Maryam Rajavi, Leader indiscussa della Resistenza Iraniana. Per questo mi sarà difficile dimenticare quella domenica del 1° Settembre , quando molti dei miei amici iraniani hanno perso amici, parenti. Hanno subìto una violenza fisica e psicologica non facile da dimenticare.

Nella oscura notte che ci accompagnava al primo settembre da poco trascorso, in terra irachena a Camp Ashraf dove erano ospitati dissidenti del regime iraniano, è avvenuta una vera e propria mattanza . 52 dei 100 residenti  sono stati uccisi dai militari iracheni. Alcuni di loro avevano le mani legate dietro la schiena.
Erano, intellettuali, giornalisti, persone della cosiddetta società civile, che non si sono mai piegati ai dettami
del governo dispotico dei mullah. Proprio per evitare quanto loro successo in terra irachena, avevano   lasciare il loro Paese.  I sopravvissuti hanno raggiunto  il vicino Camp Liberty dove sono ospitati circa 3.000 rifugiati politici iraniani. Sette sono tuttora ostaggi degli iracheni.
 L’evento non ha avuto la giusta  visibilità mediatica, ne l’immediata reazione da parte di coloro che li dovevano tutelare, in nome della Quarta Convenzione di Ginevra, e dei diritti umani . E’ stato un attacco  alla comunità internazionale , anche se come tale non è stata recepita. USA e ONU e Iraq  avevano siglato un accordo per la tutela dei residenti dei Camp Ashraf , ma forse in quel momento hanno avuto un attimo di distrazione. Ora non dobbiamo permettere e permetterci alcuna distrazione poiché  7 persone , 6 donne e 1 uomo, sono tutt'ora ostaggi e rischiano la loro  vita.
 I sopravvissuti hanno raggiunto il vicino Camp Liberty dove sono ospitati circa 3.000 dissidenti politici iraniani i quali  da più di dieci giorni hanno intrapreso lo sciopero della fame finalizzata alla richiesta del rilascio degli ostaggi.
Quanto avvenuto recentemente, seppur non nella reale drammaticità, era ben percepita dai vertici e dalla base che costituiscono il Movimento di Resistenza. Molti segnali premonitori giungevano da Camp Ashraf, mancata erogazione dell’elettricità, dell’acqua potabile, difficoltà nel fornirli di beni di prima necessità.  Altri movimenti all’interno del campo , venivano percepiti come presagi nefasti. Venutone a conoscenza, il Movimento di Resistenza Iraniano ,  ADDI  hanno immediatamente lanciato numerosi appelli alle autorità internazionali  e alla comunità per richiamare l’attenzione  su Camp Ashraf . Il grave problema siriano ha catalizzato tutta l’attenzione  a fine agosto, sicché a loro voce non ha raggiunto chi aveva il dovere di ascoltare ed intervenire.
Dopo giornate di lutto ora deve seguire la lotta. Sei donne e un uomo sono tenuti in ostaggio da sedici giorni nelle mani della “divisione sporca” e “dell’organizzazione della lotta contro il terrorismo “ a cui fa capo il Generale  iracheno Maliki  al servizio del regime iraniano. Sono detenuti nei pressi dell’aeroporto di Bagdad , in condizioni disumane e con la consapevolezza di poter essere trasferiti in Iran  e di quanto li spetta!  Se gli Usa e l’ONU  non hanno mantenuto la promessa di proteggere Camp Ashraf , devono agire ora, per difendere chi rischia di essere estradato,  torturato ed ucciso. Per questo si è creato un movimento collettivo finalizzato ad inviare più  lettere sia al Segretario Generale Ban Ki moon che al Segretario di Stato americano Kerry per avviare al più presto una trattativa per il loro rilascio. Con il  ritardo che le contraddistingue, anche alcune diplomazie europee stanno sostenendo la causa. La nostra ministra degli esteri Emma Bonino, l’ex Ministro Giulio Terzi ed altri sei parlamentari europei italiani , si sono uniti all'appello espressi a favore di un intervento di mediazione al fine di liberare gli ostaggi.   
Gli Iraniani  anelano alla libertà. Anche la Resistenza Iraniana  vuole la fine del barbaro governo dei mullah!
 52  uomini e donne , sono stati uccisi da militari iracheni. Alcuni di loro avevano le mani legate con lo spago dietro la schiena, ed un colpo di fucile alla testa ha posto fine alla loro esistenza.
   
Nuccia Decio                                  

sabato 17 agosto 2013

EGITTO : DAL BAGNO DI SANGUE ALLA GUERRA CIVILE

Non dimenticheremo facilmente questo caldo agosto, poiché lo scenario non solo egiziano bensì a livello internazionale subirà dei cambiamenti. Con possibili stravolgimenti sia a carattere geopolitico che economico. 

Questo lo dobbiamo soprattutto all'ennesimo fallimento della diplomazia internazionale. 

Questo lo dobbiamo a quei Capi di grandi potenze che si trovano in seria difficoltà nel prendere una posizione "certa", con ritiro di finanziamenti, di sostegni dichiarati, e di non facile rientro, ora che La Fratellanza Musulmana, non è più referente del Paese. Poichè  si trova letteralmente spaccato in due.

Nei giorni scorsi la rappresentante della diplomazia UE Signora Ashton, si è intrattenuta in colloquio privato,in luogo segreto col deposto presidente Morsi. Poi si è intrattenuta (colloqui non previsti) con il rappresentante dei militari al potere.
Mi chiedo se si siano limitati a bere un té alla menta?
Di quanto si sono detti, a chi ha poi riferito? Pur avendo dichiarato che la sua non era una missione di "conflict mediator", la Responsabile della diplomazia UE, avrà raccolto espressioni di intenzione dai capi delle opposizioni.
Avrà relazionato ai suoi colleghi quanto raccolto nel suo viaggio?
La nostra Ministra Emma Bonino, da sempre attenta agli eventi egiziani, avendo anche vissuto anni al Cairo, appariva smarrita, al punto tale da "stoppare" l'invio di armi italiane all'Egitto, solo pochi giorni fa.
Nel mio ultimo blog,impostato sugli avvenimenti che stavano accadendo a fine luglio, dopo la manifestazione che costò la vita a circa 60 egiziani, durante un intervista ad un professore universitario,esprimeva la possibilità che si arrivasse ad una guerra civile.Ed era un professore!!

Come si è potuti cadere nell'inerzia o ancor poggio, lasciare un Paese come l'Egitto andare verso l'auto distruzione con una guerra civile,  in così poco tempo.

Sappiamo chi sostiene La Fratellanza Musulmana e chi i Militari. Sono Paesi a loro vicini, ma vicini lo siamo anche noi.
La Comunità Europea non può dimenticare che l'Egitto è un Paese del Sud del Mediterraneo.
L'Egitto è un Paese con 85 milioni di cittadini censiti ma,potrebbero essere anche 90 milioni.
Sono molto giovani.
Se la situazione andasse degenerando e decidessero di lasciare il loro Paese, dove pensate potrebbero arrivare?

Ma a questo spero si confrontino a breve le diplomazie internazionali.

Quanto più mi fa male sono le orribili immagini che ci hanno sconvolto  in questi giorni di vacanza per la maggior parte degli italiani.

Nuccia Decio